Milano – Calo degli ingressi del 50% nel primo weekend in cui per accedere ai parchi divertimento italiani è stato necessario esibire il green pass. A denunciare la situazione è l’Associazione parchi permanenti italiani, che aderisce a Confindustria, secondo cui il calo dipenderebbe principalmente dal target a cui si ricolgono queste strutture: i teenager, che rappresentano la fascia d’età al momento meno coperta dalla vaccinazione. “Nonostante le riserve iniziali sulle modalità applicative e sulla tempistica”, dichiara Giuseppe Ira, presidente dell’Associazione parchi permanenti italiani e di Leolandia, “siamo a favore del green pass e siamo orgogliosi di svolgere il nostro ruolo attivo nella lotta alla pandemia. Ci allineiamo alle disposizioni, convinti che questo ci permetterà di tenere aperti i parchi ininterrottamente anche in autunno, scongiurando le chiusure dello scorso anno. Per controbilanciare le perdite, contiamo sugli indennizzi che il governo ci riconoscerà”.
Fino al 2019 i parchi divertimento italiani, circa 230 tra tematici, faunistici, acquatici e avventura, generavano 1,1 milioni di pernottamenti ed erano visitati ogni anno da 20 milioni di italiani e 1,5 milioni di stranieri. Sempre nel 2019 il comparto ha generato un giro d’affari di 450 milioni di euro riferiti alla sola biglietteria, cifra che sale a 1 miliardo con l’indotto interno, come la ristorazione e il merchandising, e a 2 miliardi considerando l’indotto esterno, relativo ad esempio a centri commerciali, hotel e altri servizi in prossimità dei parchi. A livello di occupazione, il settore prima della pandemia impiegava 25mila persone tra fissi e stagionali, 60mila con l’indotto.
Nel 2020 le aziende del comparto in media hanno registrato perdite del 75%, collocandosi a pieno titolo tra le più colpite dalla crisi: il 20% dei parchi ha rinunciato completamente all’apertura e alcune importanti realtà imprenditoriali italiane sono passate di mano a fondi di investimento stranieri.