Cogliate (MB) – 5.500 container fermi nei porti cinesi. E una richiesta pari a 60 milioni di euro per sbloccare le navi e riprendere a movimentare la merce, contro i 10 milioni che l’azienda ha sempre versato per questo genere di spedizioni. La denuncia arriva da Enrico Preziosi, l’imprenditore a capo di Giochi Preziosi, che al Corriere della Sera spiega: “Ci tengono in ostaggio dicendo che non ci sono navi a sufficienza da inviare in Europa. E in gioco per noi c’è la campagna di vendite di giocattoli per il Natale, che dovranno essere nelle vetrine già a ottobre. Ho 2.400 dipendenti tra Italia ed Europa e un piano importante di investimenti nella Penisola. Non voglio che siano messi a rischio, quindi sto pagando. Mi chiedo se anche questo atteggiamento non faccia parte della grande disputa commerciale tra Cina e Occidente. Nei trasporti è in atto una sorta di asta speculativa, equiparabile a una nuova battaglia sui dazi”.

Secondo Preziosi, occorre un piano di ‘reshoring’ dell’industria del giocattolo – ossia la ri-localizzazione della produzione sul territorio nazionale – a scapito della Cina, dove la sua azienda è presente da 45 anni e realizza il 95% dei suoi prodotti. “È un capitolo chiave della ripartenza, in una fase in cui si sta investendo, anche grazie all’Europa”, prosegue Preziosi. “Abbiamo fornito all’industria cinese i frutti della nostra ricerca, i prototipi, il design, il saper fare tecnologico, il made in Italy, a fronte di manodopera a buon mercato. È stata un’arma a doppio taglio. Ed entro breve tempo il costo del lavoro smetterà di essere competitivo”.